Quando i Musici Terapeuti del Salento si esibirino al Lirico di Milano - 1967
Pubblicato da Gino Caputo in PUNTO DI INCONTRO - APS / Banca dei Saperi e del Saper Fare · 12 Aprile 2021
Tags: Musicoterapia
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Quando i Musici terapeuti del Salento si esibirono al Lirico di Milano.

Un poderoso volume di Domenico Ferraro[1], <<Roberto Leydi e il Sentite buona gente- Musiche e cultura nel secondo dopoguerra>>, Squilibri, Roma 2015, è un diario puntuale che ha documentato anche fotograficamente e con dovizia storiografica la genesi, l’organizzazione e l’esecuzione di uno storico ed originale spettacolo che nel 1967, per la prima volta, riuscì a portare su di un palcoscenico nazionale la cultura musicale popolare con i relativi strumentisti e cantori di sei regioni italiane.
Le voci vive e vere provenivano da contadini, pastori, montanari, e operai.
Una menzione particolare, ancorchè campanilistica, va fatta riguardo la prima presenza ed esecuzione musicale di Gigi Stifani con i suoi tradizionali orchestrali neritini su di un importante palcoscenico a Milano ripreso dalla RAI.
Si trattò nel lontano 23 febbraio 1967 dello storico concerto che vide per la prima volta portare le note della pizzica tarantata in Lombardia: fu tenuto al Lirico di Milano nello spettacolo "Sentite buona gente" di Roberto Leidy.
Il quartetto dei Musici terapeuti del Salento fu composto da Luigi Stifani[2] (violino), Pasquale Zizzari (fisarmonica), Giuseppe Muci (chitarra) e Salvatora Marzo (tamburello).Tante sono le curiosità particolareggiate e i riconoscimenti del grande successo che i nostri musici terapeuti del Salento ottennero in quella kermesse.
Le registrazioni e le scelte sul campo in giro per l’Italia durarono cinque mesi. In particolare quelle fatte a Nardò furono realizzate da Roberto Leydi (Ivrea, 21 febbraio 1928 – Milano, 15 febbraio 2003) figura poliedrica di etnomusicologo e ideatore dello spettacolo e Diego Carpitella, antropologo, etnomusicologo e regista (Reggio Calabria, 12 giugno 1924 – Roma, 7 agosto 1990), l’11 dicembre del 1966 a casa del predetto fisarmonicista neritino Pasquale Zizzari[1]. I due brani prescelti furono Tarantella Neretina e Tarantella Neretina in Re maggiore.
Il Teatro Piccolo si impegnava a pagare il viaggio di andata e ritorno in prima classe, il vitto e l’alloggio per tutto il periodo di permanenza a Milano, una diaria di lire 3000 giornaliere a persona e un rimborso spese per il vitto per ogni giorno di viaggio. Tutti i cantori e musicanti furono contemporaneamente ospitati presso il Convitto della Società Umanitaria di Milano, dove il Piccolo Teatro, con lettera a firma del direttore Paolo Grassi (Milano, 30 ottobre 1919 - Londra, 13 marzo 1981) il 2 febbraio 1967 prenotava 25 camere doppie e 6 singole per 56 persone “ricordando ancora una volta il problema delicato del vitto. L’importante è che tutti siano serviti in abbondanza”[2] (cfr. p. 209-210)
Delicata fu la trattazione della richiesta avanzata da “Za Tora” (Salvatora Marzo) di venire da Nardò a Milano con il marito (ipovedente). In proposito lo sceneggiatore (e regista) Alberto Negrin (Casablanca, 2 gennaio 1940), fu incaricato di scrivere una lettera a firma di Paolo Grassi “in stile spagnolesco” a Stifani affinchè convincesse la signora a recedere dal suo proposito (cfr. p. 210).
Quello dei Musici terapeuti del Salento fu considerato il numero più “realistico” rappresentato al Lirico, dove un rituale “coreutico-musicale” sembrava essersi materializzato sul palco, con la scena dominata da esecutori intenti a dare corpo e spessore alle loro stesse immagini proiettate sullo sfondo: un conturbante effetto di verità evocati in teatro ma negato nella vita reale, dove quegli stessi interpreti erano ormai diversi da come erano stati immortalati in quelle riprese[3].I Musici terapeuti del Salento hanno dimostrato il possesso di uno “swing” impossibile a replicarsi al di fuori di una “lunga scuola”[4].
Significativo e illuminante, infine, per inquadrare la collaudata coesione del quartetto neritino, è un episodio nel quale spicca il carattere determinato del leader del gruppo, allorchè a Carpitella che esorta i musicisti a disporsi nella maniera più congrua, Stifani risponde seccamente: “Noi così stiamo bene!”[5]
<<I nostri eroi salentini sapevano benissimo il fatto loro e nulla avrebbero potuto intimidirli: quale garanzia migliore per le ansie dei due studiosi (n.d.r. Leydi e Carpitella) e dell’intrepido regista>>[6] (n.d.r. Negrin).

[1] Domenico Ferraro, docente di Storia della filosofia moderna all’Università di Roma-Tor Vergata, si occupa anche di cultura italiana del Novecento. Direttore della Rete degli archivi sonori, per Squilibri ha curato, assieme ad Arnaldo Bonzi, Giacomo Pozzi Bellini. Viaggio in Sicilia (estate 1940).
[2] Nel libro <<Neritini>>, di Luigi Caputo e Mario Mennonna, edito da Congedo Editore, 2019, trattante brevi profili biografici di personaggi del novecento nostri concittadini che hanno brillato e dato lustro a Nardò nell’arte figurativa, nella musica e nello spettacolo, non poteva non avere un posto, tra i diciotto trattati, Luigi Stifani.
Al “musico delle tarantate” in tale edizione sono state dedicate, tenuto conto del taglio sintetico che si è potuto dare ai vari profili biografici, solo otto pagine, comprese alcune foto. L’occasione comunque è stata opportuna, per contribuire a veicolare, specie per le giovani generazioni, il ricordo del violinista, del musicoterapeuta, dell’uomo e dell’artista, che non deve cadere nell’oblio.
[1] D. FERRARO , <<Roberto Leydi e il Sentite buona gente - Musiche e cultura nel secondo dopoguerra>>, Squilibri, Roma, 2015, p. 423.
[2] Ivi, pp. 209-210.
[3] D. FERRARO , <<Roberto Leydi e il Sentite buona gente…, cit, p. 240.
[4]Ivi, pp. 242-243.
[5] Ivi, p. 426.
[6] Ivi, p. 246.