PIERO DE FLORIO - Un Natale di stile a Cerrate

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PIERO DE FLORIO - Un Natale di stile a Cerrate

NARDO' FOTO ARTE STORIA
PIETRO DE FLORIO

Un approfondimento dell'Autore, Piero De Florio, nostro Socio.
Il mese scorso il Punto d’Incontro Aps organizzava, per i propri soci, una visita guidata presso l’abbazia basiliana di Santa Maria di Cerrate,  un complesso monumentale.....



Un Natale di stile a Cerrate
 
Il mese scorso il Punto d’Incontro Aps organizzava, per i propri soci, una   visita    guidata presso      l’abbazia    basiliana    di  Santa Maria di Cerrate,
un complesso monumentale risalente a qualche anno prima del 1154
1. Tra le la pregevoli testimonianze storico – artistiche, stratificate nel tempo fino al sec. XVI, si può ammirare probabilmente la più antica natività iconografica (giacchè non è un presepe a tutto tondo) scolpita ad altorilievo in Terra d’Otranto di cui varrebbe la pena dire qualcosa, in occasione del Natale.
 
I rilievi scolpiti sulla ghiera dell’archivolto del portale duecentesco 2 d’ingresso alla chiesa, seguono il sesto dell’arco, da sinistra iniziano con la Vergine annunciata, la visitazione, l’adorazione dei magi, la natività, la fuga in Egitto e l’arcangelo Gabriele annunciatore 3 (Fig. 1).

La prima e l’ultima scultura si saldano in un unico significato e, pressappoco all’apice, in correlazione alla chiave di volta, si dispongono simmetricamente la scena dei magi e quella della natività (Fig. 2). Ai rilievi della ghiera esterna spetta il compito figurato e narrativo segnato da un forte impatto plastico di tradizione italiana, mente la parte interna dell’archivolto è adornata da motivi vegetali di acanto stilizzati e girali che risentono di un gusto orientaleggiante – bizantino, nello stile approssimativamente dei portali di San Niccolò e Cataldo a Lecce 4 e di Santa Caterina d’Alessandria a Galatina. Si ha quindi, con questa variante astraente, una finalità estetica prettamente ornamentale, come a voler suggestivamente colmare un vuoto (horror vacui), attraverso l’iterazione di elementi ritmici, in una specie di assonanza con la perfezione divina 5.
 
Riguardo al tema figurato i magi indossano il manto regale e portano un copricapo come se fosse un turbante, ognuno regge con entrambe le mani il calice contenente i tradizionali doni. La scultura successiva contrapposta (testa a testa) a quella dei magi, racconta la nascita di Cristo, il Salvatore sta nella culla, scaldato dal bue e l’asinello e accudito dalla madre aureolata. Le due scene sono separate da una fascia con al centro la stella che risplende, sia sulla testa dei magi, sia  su quella di Maria. L’astro si trova quasi in asse con la chiave di volta del portale, come a dire: ciò che è qui stabilità architettonica è anche certezza e saldezza della storica incarnazione (Fig. 2). Stilisticamente la matrice romanico – occidentale italiana e transalpina si nota nel marcato aggetto dei rilievi e dal taglio plastico delle immagini che si incurvano, seguendo in subordine la piegatura architettonica del portale 6 (si potrebbe pensare, in trasposizione metaforica – sociologica, al controllo monastico/architettura esercitato sui fedeli/scultura) 7, come si verifica nella lunetta del portale di Sàinte Marie a Vèzelay La Madeleine in Francia (1120) e nel portico della gloria in Santiago de Compostela in Spagna (1188).

L’arrotondamento sporgente delle masse, modellate dalla luce, evidenzia il movimento strutturale, vale a dire, le figure dei magi formano una specie di mezzo giro nello spazio compresso del rilievo e rompono il consueto procedere in teoria alla bizantina, poichè la curva immaginaria tangente i piedi di ognuno diverge, rispetto a quella più in alto, passante per i tre calici, sfalsando le posizioni (Fig. 3).                                                                                                                              
Però tutti e tre i magi, alla maniera bizantina, reggono le coppe all’altezza del petto, come si nota, per esempio, nel mosaico del corteo dei martiri (seconda metà del IV sec.) in Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna (Fig.4). Si vede anche un certo richiamo di scuola tardo romana, in quanto le figure, plasticamente aggregate e prive di collocazione spaziale (non vi è neppure fondo), emergono, specialmente nei magi, in una sorta di isolamento o superficie ottica (per una visione dinamica a distanza), rimarcata dalle ombre 8.

La Madonna (Fig.3), con la veste rigata da pieghe appena incise (come nei magi), descrive con il corpo adagiato ed arcuato un angolo focalizzante la culla/mangiatoia della natività, un po’ come le linee dinamiche o di forza che si notano nei rilievi a Modena o a Parma di Wiligelmo e Antelami. Insomma nel rilievo della natività si produce un movimento insito delle figure (strutturalmente collegato – come osservato –  alla curvatura architettonica del portale)  che nasce, non da azioni volitive nel tempo, ma da articolazioni, sovrapposizioni e “giro” di masse, a tutto ciò fa da complemento la cristallizzante fissità del tipico o di ciò che è (per il gusto romanico) standardizzato e uniforme 9. Tipico, in altre parole, è il volume ovoidale del bimbo, la fissità delle fisionomie, i nasi pronunciati, i geometrismi dei panneggi e l’esclusione della natura. Inoltre tutto ciò non inficia una certa espressione tattile che si nota nelle teste grandi dei magi, nella torsione innaturale del busto e nella tozza mano della Vergine, nell’ingrandimento sommario ed esagerato dei volti e nell’immobilità ipnotica degli occhi, tutto ciò potrebbe far pensare ipoteticamente che l’artista/scalpellino abbia voluto dare importanza alle parti del corpo deputate a rappresentare più densamente i moti affettivi e interiori 10. Ma, invece, qui si vuole affermare la forza del principio trascendente, tanto da deformare il vero (rarefazione organica) dove le forme perdono valore naturalistico, per diventare espressioni spirituali e segni dell’anima. Quindi l’irregolarità di queste figure inespressive e la loro postura da burattini 11 fissano una certa meccanicità schematica alla composizione che impedisce alle immagini di relativizzarsi nel transeunte perituro e, non era questo, l’intendimento assoluto dell’arte costantinopolitana – romanica.

Spunta anche un altro residuo iconografico bizantino: nella natività il bimbo è avvolto nelle fasce (Fig. 5), come nelle opere analoghe bizantine (per es. natività del XI sec. nella chiesa di Chora a Istanbul) dove la Vergine con aureola sta seduta o semidistesa, nel modo più conveniente per le partorienti, una simile impostazione iconologica si vede anche nelle icone russo – bizantine del X secolo e nel mosaico della natività nel palazzo dei Normanni a Palermo. Un ulteriore elemento che richiama l’iconografia bizantina è la preziosa sedia, provvista di schienale con cuscino di seduta imbottito (ornato da losanghe puntualizzate a trapano), con le gambe sagomate in assonometria, un’allusione formale, se decontestualizzata, alla regalità Odigitria di Maria 12

Piero de Florio
 
 
1 Primaldo Coco, Cenni Storici di Squinzano, Salentina Editrice , Lecce, 1922, p. 48 e Paolo Vetrugno, S. Maria di Cerrate: Proposte per una Leggenda della Fondazione, in “Sallentum” n. 1,2,3  Gen. Dic. 1983, a cura Ente Provinciale per il Turismo di Lecce, Editrice Salentina, Lecce, pp. 19 – 28
2 Pina Belli D’Elia, Paolo Moreno, Raffaele Moreno Cassano, Lecce e la Sua Provincia, L’Espresso, Roma, 1980, p. 15 e cfr. Puglia, Touring Club (guide rosse), 2005, p. 375
3 Secondo la lettura che ne fa: Teodoro Pellegrino, in “Terra Mia” Dell’Abazia di Santa Maria di Cerrate, Editrice Salentina, Galatina, 1970, pp. 51 – 56
4 Cfr. Maria Stella Calò Mariani, L’Arte del Duecento in Puglia, Istituto Bancario San Paolo Torino, 1984, pp.184 - 185
5 Alois Riegl, Grammatica Storica delle Arti Figurative (1897 – 98 / 1899), a cura di Andrea Pinotti, traduz. Carmela Armentano, Quodlibet, Macerata, 2020, pp. 202 -203
6 A. Nuzzo, A. Olivetti, La Chiesa di S. Maria di Cerrate presso Lecce, in Dell’Abbadia di S. Maria di Cerrate, “Terra Mia”, a cura di Teodoro Pellegrino, vol. I Provincia di Lecce, Editrice Salentina, Galatina, 1970, p. 18.
Gioia Bertelli, Arte Bizantina nel Salento. Architettura e Scultura (sec. IX – XIII), in Ad Ovest di Bisanzio. Il Salento Meridionale, a cura di Benedetto Vetere, Congedo, Galatina, 1999, p. 235. L’autrice vede nei rilievi del portale un richiamo a soluzioni d’oltralpe, come per es. nel capitello delle Pie Donne a Mozac nel Puy de  Dôme o nel vicino capitello con il Cristo a Saint Nectar
7 Arnold Hauser, Storia Sociale dell’Arte, vol. I (1951), traduz. Anna Bovero,  Einaudi, Torino, 1964, p. 212
8  A. Riegl, Industria Artistica Tardoromana  (1901 – 1923), introduz. Sergio Bettini, traduz. B. Forlati Tamaro e M.T. Ronca Leoni, Sansoni, Firenze, 1952, pp. 82 -85
9 A. Hauser, op.cit. p. 212
10 Come sostiene, in generale per lo stile romanico, Anton Springer (1883), in A. Hauser, op. cit. p. 214
11 H. Hauser, op. cit. pp. 215 - 216
12 Per una ricognizione storico – filologica sugli affreschi di Cerrate si veda: Valentino Pace, La Pittura delle   origini in Puglia (sec. IX – XIV), in La Puglia fra Bisanzio e l’Occidente, Electa Milano, 1980, pp. 353 - 354
 
 


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