Gino Caputo
SAGGISTICA


GLI ANGELI DEL FANGO
(a cura di Gino Caputo e Dino Martano)
L’alluvione di Firenze, tra le tragedie che hanno segnato il nostro paese, è ricordata nella memoria collettiva, oltre che
come evento nefasto, anche come occasione di slancio di solidarietà e di sensibilità per quel patrimonio artistico e culturale offeso dall’implacabilità delle avversità naturali.
Venerdì 4 novembre 1966 in meno di 12 ore Firenze venne invasa da 80 milioni di metri cubi d'acqua.

La piena dell’Arno, alimentata da giorni di pioggia, ruppe gli argini poco dopo le cinque di mattina all’altezza del lungarno Acciaioli e del lungarno delle Grazie, mentre il torrente Mugnone inondava la zona intorno al Parco delle Cascine.
Il fiume entrò in città travolgendo ogni cosa: case, negozi, monumenti. L’acqua arrivò fino a quasi cinque metri d’altezza e danneggiò il Cristo di Cimabue a Santa Croce (1 galleria da SantaCroceOpera), travolse le porte del Battistero,
coprì di fango i preziosi volumi della Biblioteca nazionale.

Furono almeno 1.500 le opere d’arte danneggiate, oltre un milione i volumi
sommersi, 30 mila le auto travolte, 18 mila le famiglie alluvionate e quattromila quelle rimaste senza un’abitazione: 35 i morti, 17 in città e 18 nella provincia.

Le persone, in prevalenza giovani, che contribuirono ad affrontare l’emergenza successiva all'alluvione di Firenze del 4 novembre 1966 e che furono di supporto alla prima ricostruzione, sono state denominate “Angeli del fango”.

Migliaia di giovani, infatti, arrivarono a Firenze nei due mesi successivi all’alluvione, provenienti da associazioni, scuole università, scout.
Il primo ad utilizzare la locuzione “Angeli del fango” è stato il giornalista fiorentino Giovanni Grazzini in un articolo sul Corriere della Sera il 10 novembre 1966.

Dino Martano giovane universitario nel 1966 era tra quel migliaio di studenti anche lui artefice di una esperienza irripetibile che segnò indelebilmente quella parentesi di vita.(2)
“… … …..Avevo preparato tutto con l’aiuto di mamma e di papà. La valigia grande era pronta, quella piccola - si fa per dire piccola – era rimasta aperta perché fino all’ ultimo momento …. Non si sa mai! Il treno delle 10 e qualche minuto di sera aspettava in stazione a Lecce e partimmo da casa presto per non fare tardi. E questo fu l’inizio della mia vita fuori di casa. Era il 3 Novembre del 1966.
Allora, la strada per Lecce, passati i tre punti, sembrava non finire mai, un’ora abbondante per raggiungere la stazione e arrivati lì, grande confusione per parcheggiare e poi arrivare al binario, salire in treno, trovare posto e prepararsi a salutare...davvero, per la prima volta, papà e mamma… che tristezza! Ma così era e doveva essere.
La tristezza sorda e cupa per l’allontanamento da casa e dai miei era pesante per me, non ero abituato...18 anni nel 1966... però, quella tristezza, diventava piano piano una calma e rilassante trepidazione per quello che avrei trovato il mattino dopo in una città come Firenze. … e quello fu l’inizio della mia vita fuori di casa.
Il rumore cadenzato, continuo, delle ruote ferrate sui binari davano un senso di tranquillità non normale. Mi imposi di non pensarci e di rivolgere la mente ad altro. Firenze, la pensione di mia zia Pia in Via dei Fossi al numero 3, la Facoltà di Medicina a Careggi, l’appuntamento con un amico Leccese al Corso di Anatomia Umana Normale del Fazzari, poi ritorno in centro a Firenze da Careggi per andare alla mensa Universitaria in Sant’Apollonia.
Comunque la notte passò abbastanza tranquillamente tra sonno e dormiveglia.
Uno sferragliare più forte e più rumoroso mi svegliò da quel dormiveglia e il signore del sedile di fronte al mio, notando il mio risveglio di soprassalto, mi rassicurò subito… siamo a Bologna ragazzo… bisognava prepararsi a scendere. Il treno continuava per Milano. C’era quasi un’ora per la coincidenza per Prato e Firenze. Aspettavo sul marciapiede del binario numero quattro… quando il brusare delle persone ed i rumori consueti della stazione di colpo si erano interrotti… una voce femminile con un tono deciso e senza pause e con un perentorio 'attenzione, attenzione, attenzione' cominciò a parlare dei treni in transito per Firenze …l’attenzione fu attratta in un istante… e avvisava che Firenze era irraggiungibile perché un grave evento atmosferico, non parlavano ancora di alluvione, aveva paralizzato la città, ed avvisava che il Milano – Roma sarebbe transitato fino alla Stazione di Prato per poi deviare per stazioni limitrofe per riprendere la corsa verso Roma, … la Stazione ferroviaria di Firenze era impraticabile e irraggiungibile.
Sbigottimento totale. Immaginate cosa poteva passare per la mia mente…. In pochi minuti riuscì a ritornare sul primo binario, a comprare dei gettoni telefonici e a chiamare a casa. La mamma era stata già avvisata da mia zia Cordelia della situazione. Gli ordini erano di fermarsi a Prato e di raggiungere casa degli zii e aspettare lì a casa loro l’evolversi della situazione (aspetta e vedi come vanno le cose). Passarono due giorni. Gli abbracci della Zia Cordelia, le rassicurazione dello zio Leone ... non li dimenticherò mai.Il 6 Novembre fui in grado, in treno, di arrivare a Firenze. Mia zia Pia, presso cui sarei stato ospitato, in pensione, era a due minuti di strada. Era in Via dei Fossi al n° 3 per cui, ero ad appena 50 metri dal Ponte alla Carraia. E…. ad appena 150 metri dalla Biblioteca Nazionale. Passai i primi due giorni ad ambientarmi e a capire come muoversi in tutta quella tragedia in cui per ovvii motivi ero entrato. Le cose che più mi opprimevano erano… vedere il livello dell’Arno che in Via dei Fossi aveva superato i due e i tre metri… le botteghe artigiane - famosa Via dei Fossi per essere la via più popolosa di restauratori di mobili, quadri, arredi, suppellettili e di ogni cosa fosse legata all’ artigianato – completamente sventrata. Lo sguardo degli artigiani che si incontrava passando raccontavano tutto il dolore di chi svuotava le botteghe e sceglieva ciò che si poteva tenere ed aggiustare e ciò che si ‘doveva’ buttar via perché irrimediabilmente perduto.
In mancanza di traffico veicolare, il silenzio era irreale. L’aria era letteralmente bagnata. E su tutto un cielo così grigio e cupo che senza fiatare… raccontava la tragedia che Firenze, Via dei Fossi, piazza Goldoni, il Ponte alla Carraia e tutto ciò che circondava la città stava vivendo. Un dolore palpabile. Rimasi fermo un paio d’ore, immobile all’angolo di Piazza Goldoni, a pochissimi metri dalla porta di casa a capire cosa dovevo o potessi fare… Careggi e la facoltà erano e sarebbero rimaste chiuse per un po' di giorni… ed allora?
Sentivo dire dai passanti che poco più avanti, passati il ponte Santa Trinita, Ponte Vecchio, e Ponte alle Grazie, c’era un altro punto dove in centinaia arrivavano persone per dare una mano necessaria per mettere in salvo un patrimonio inestimabile. Sentivo parlare di libri, ma non capivo. Mi incamminai in maniera quasi automatica e nel giro di pochi minuti mi ritrovai in Piazza dei Cavalleggeri e sotto la facciata della grande Biblioteca Nazionale.
Non mi riesce descrivere i visi delle persone, uomini e donne, che aspettavano di dare il cambio a chi era lì già da ore. Probabilmente le prime ore furono impegnate dagli esperti e dai conoscitori della Biblioteca per organizzare in maniera razionale gli interventi. Questo non impediva però che se qualcuno si imbatteva in una scopa o in uno spazzolone non lo prendesse e cominciasse a tirar via fango e acqua.
Così fu per me in quella grigia mattina del 6 Novembre del 1966.
Alle cinque del pomeriggio ero sfinito, e con i pantaloni completamente zuppi e grondanti fango andai a sedere sul marciapiede di fronte alla Biblioteca, sui gradini del parapetto dell’Arno sul Lungarno Alle Grazie. Luce poca, non tutte le lampade erano accese e già si preparavano le fotoelettriche per il lavoro da fare per tutta la notte fino al giorno dopo….. e così via….
Ritornai nei tre giorni successivi e ricominciai con più lena e più fiducia … poi riaprì Careggi e la Facoltà......."""


1 - https://www.santacroceopera.it/opere/cimabue-crocifisso/#&gid=1&pid=1
2- le foto riportate sono tutte disponibili su web, alcune vengono dagli archivi dello Speciale RaiTg1 su Firenze e l'alluvione mandato in onda pochi giorni dopo
https://it.wikipedia.org/wiki/Angeli_del_fango
https://www.corriere.it/reportages/cronache/2016/alluvione-firenze/
Erasmo D'Angelis, Angeli del fango: la meglio gioventù nella Firenze dell'alluvione a cinquant'anni di distanza, Firenze-Milano, Giunti, 2016.
Piero Bargellini, Il miracolo di Firenze: i giorni dell'alluvione e gli angioli del fango, Firenze, Società editrice fiorentina, 2006.
GINO CAPUTO