San Gregorio Armeno patrono di Nardò 6 - NARDO' FOTO ARTE STORIA

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San Gregorio Armeno patrono di Nardò 6

STORIA D'ARTE > Figura e maniera in San Gregorio Armeno patrono di Nardò 3
Figura e maniera in San Gregorio Armeno patrono di Nardo'
di PIETRO DE FLORIO

Abside della cattedrale
 
   Nell’abside della cattedrale di Nardò affrescata da Cesare Maccari tra il 1896 e 1899, un ampio pannello rettangolare raffigura l'episodio del trasporto delle reliquie del Santo. Sotto il baldacchino retto da monaci incappucciati si trova la cassetta splendente delle reliquie dell’illuminatore (fig.15).
  Il Vescovo in processione è preceduto dai chierici che accompagnano le sacre spoglie, tra ali di gente inginocchiata, mentre sullo sfondo si vedono le mura della città di Nardò. La vivida scena, nel complesso, viene ripresa in controluce (si direbbe da taglio fotografico), il bagliore morbido diffuso proveniente dal fondo identifica e fissa le persone, esalta la plastica, impreziosendo i cangianti drappeggi e la matericità di tessuti e cose. Si aggiunge  un luminismo speciale e diretto (una specie di centratura “spot”) che delinea, nella pastosità smaltata degli incarnati, autentici volti ed espressioni. Tutto viene nitidamente fissato dal terso e dettagliato realismo della linea conchiusa umanistico /quattrocentesca e dalla densità timbrica del colorito senese. Il Maccari racconta l’evento entro coordinate puriste (dalle suggestioni vetero nazarene dal Vert al Mainardi),  con un certo e sereno distacco dalle rivoluzioni estetiche novecentesche.
  Questo pittore, racconta l’artista Presicce, durante i lavori in cattedrale, era solito andare in un bar di Piazza Salandra, qui la gente si chiedeva chi fosse questo personaggio eccentrico, con capelli lunghi e camice. Ma un giorno il Maccari vide passare di lì qualcuno più strambo di lui, era un tale Nunnu Giuseppu e, attratto dalla lunga barba e capigliatura di costui lo invitò, dietro ricompensa, a posare in qualità di “Padreterno” nell’affresco in cattedrale 25. Probabilmente altri posarono come modelli, tra i quali Salvatore Sanbiasi, il mastro muratore apprezzato dal Maccari e ritratto in uno dei frati che reggono il baldacchino processionale 26.
 
Cuneddha SS. Crocifisso e S. Gregorio
  
  Tra le edicole rurali (insieme a nicchie e cunette), espressioni di religiosità popolare, con cui i fedeli, riconoscenti, ringraziavano (santi e madonne), per qualche adempimento di voto promesso o in relazione a specifici accadimenti anche miracolistici 27, rilevante è la cunetta sita lungo la strada San Gregorio Armeno (Impestati), fuori Nardò. Nell’interno della piccola cappella sono raffigurati un’Immacolata a destra, al centro un SS Crocifisso della Pietà dove  in basso si legge la data 1952 e la dedica del committente, sulla volta a botte è riprodotta una simmetrica e ben disegnata colomba dello Spirito Santo. Ma il pezzo più interessante è San Gregorio Armeno (che presenta cadute di colore e tratti di polverizzazione dei pigmenti) dipinto sulla parete sinistra dove in basso si legge la firma dell’artista neretino Arturo Santo (figg. 16,17, 18).
   Il Santo, evidenziato dalla grande aureola dorata e raggiata, indossa casula e pallio crucifero, sul capo porta la solita mitra (globosa alla bizantina) e con la mano destra benedice alla greca, cioè l’anulare unito al pollice, per significare l’unione tra la natura divina e umana in Cristo 28, sotto il polso si nota una possibile lucerna (?) (considerato l’epiteto di “illuminatore”). Con l’altro braccio regge il consueto vangelo, la palma del martirio, la croce
patriarcale a doppia banda, inoltre  all’indice si vede l’anello episcopale che, invece, dovrebbe stare all’anulare destro.
  L’ artista probabilmente si sarà ispirato alla pittura del repertorio bizantineggiante delle cripte rupestri (considerata l’ubicazione all’aperto) e ciò si nota nell’atto benedicente e nella fissità frontale del volto (nell’Immacolata dirimpetto il volto risulta di 3/4), tuttavia l’autore arricchisce espressivamente i tratti del Santo, con barba e capigliatura abbondanti e fluenti (come si conviene per S. Gregorio) e intensità quasi ipnotica dello sguardo. Un dipinto di macchie e pigmenti striati di colore, con tratteggio dei contorni, più o meno incisi che si ricompongono e sovrappongono, in sintesi formale, dando vita ad un’immagine fresca, immediata, nel modo di essere persona (o santo), forse un po’ distratto. È possibile che Arturo Santo abbia fatto posare qualche personaggio del posto, cosa non rara, poichè egli amava vagare per le campagne ritraendo con trasporto umano, donne intente nei lavori, contadini ecc.
Il Pittore Neretino è  l’autore di un altro affresco di S. Gregorio, con il SS. Crocifisso e SS. Medici posto lungo la via Vecchia Avetrana, in contrada Castelli Sanbiasi che versa in condizioni insoddisfacenti 29.





S. Gregorio in via G. da Bormida
 Oltre le mura cittadine, un S. Gregorio abbastanza deteriorato, si può notare in via G. da Bormida, l’opera si trova in alto entro un’edicoletta a protezione della casa (fig.19),e presenta ampie aree ormai prive di colore con l’intonaco sottostante ben visibile. L’ubicazione farebbe pensare, verosimilmente, ad una datazione posteriore alla prima metà del ‘900.
  L’autore (peraltro capace di cui è impossibile leggere l’eventuale firma, a causa delle estese lacune) ha ribadito nella forma ciò che la tradizione stessa imponeva, ossia postura frontale del busto (con un impercettibile 3/4), tradizionali attributi iconografici, abbigliamento liturgico, gestualità benedicente alla greca, in fin dei conti un’insieme di cose già viste ecc. Qui la storia di un’immagine nata dalla serie di presenti variamente estesi e sovrapponibili (iconicità), ma basta un tocco, un leggero scarto di posizione, perché la figura (o forma) preesistente entri nello spirito, da cosa diventa esistenza: gli angoli della bocca sono rivolti verso il basso, quasi un’espressione malinconica di chi mantiene un certo contegno morale senza compromessi. Si nota, inoltre, il sollevamento delle ciglia con le palpebre parzialmente abbassate, il naso risulta regolare e dritto a cui si ricollega il morbido fluire della barba, mentre lo sguardo rimane immerso in qualche pensiero, insomma vien fuori un tipo di “personalità” cosciente e superiore. Se in altri dipinti, più popolari, l’autorevolezza del Santo scaturiva dalla ieraticità della figura e rigidità quasi geometrica della barba (ad eccezione dell’opera di A. Santo), questo San Gregorio, invece, ci appare  attraverso l’evidenza psicologica e ritrattistica (probabilmente da modello dal vero), una forma che attraverso il tocco (o sensibilità artistica) si significa (per dirla con Focillon).    

Pietro De Florio

Dino Martano
Impostazione grafica, editing e revisione .



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25. EGIDIO PRESICCE, Luci e ombre di un’epoca, Besa Nardò, 2019, p. 14
26. E.MAZZARELLA, La Cattedrale di Nardò, cit. p. 99
27. ANTONIO BASILE, Momenti di Religiosità Popolare, “Sallentum”, n.1, 1982, p. 98
28. FRANCO DELL'AQUILA, “Loquela Dignitorume Gestualità negli Affreschi Pugliesi, 2015 (online)
29. MARIA ROSARIA RUTIGLIANO, IMMA PERO', coordinamento Arch. Giovanni Perrone Le Edicole Sacre della Terra Neretina, Dir.ne didattica I Circolo Nardò, 2003 – 2004, p. 128
 
 
 

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